venerdì 23 maggio 2014
CLOUDS OF SILS MARIA: LA RECENSIONE DI SCREENWEEK.
Da quando esiste Eva contro Eva , e parliamo perciò di oltre mezzo secolo, ogni volta che sul grande schermo compare un’attrice ormai “matura” messa in crisi dall’arrivo di una giovane concorrente, la mente non può andare che a quel grande classico e a un certo modo di rappresentare la competizione femminile. Un modo volto a metterne in luce soprattutto la spietatezza e la mancanza di scrupoli, come se il potere seduttivo di una ragazza non ancora approdata all’età adulta fosse l’immagine stessa dell’irruenza e della prepotenza della gioventù rispetto alla senilità. Il nuovo film di Olivier Assayas, Sils Maria(o Clouds of Sils Maria come recita il titolo internazionale) si inserisce in questo filone, ma con l’intento palese di approfondire fino al midollo le dinamiche di questo gioco sottile tra donne e attrici, mettendole in correlazione non solo con le paure primordiali dell’essere umano ma anche con l’arte della recitazione e di trasformare se stessi in base al ruolo richiesto da un copione, che può essere anche quello della vita. Presentata in concorso al 67° Festival di Cannes, l’opera di Assayas si caratterizza ovviamente per un cast femminile d’eccezione, capeggiato dalla sempre splendida Juliette Binoche , cui spetta appunto la parte di un’interprete di fama internazionale, Maria Enders, cui viene chiesto di recitare nel nuovo adattamento della pièce teatrale che la rese famosa all’inizio della sua carriera. Da quella prima prova sono passati però 20 anni, dunque a lei non spetterebbe più il ruolo della giovane seduttrice, bensì quello della sua “vittima”: la donna a capo dell’azienda in cui lavora, che si lascia vincere dal suo fascino tanto da entrare in un vortice autodistruttivo di dipendenza e sottomissione all’acerba compagna. Nonostante sia un’attrice di talento, il passaggio dal primo al secondo ruolo ha troppe implicazioni personali per Maria, incapace di accettare il passare del tempo e dell’età. La situazione non migliora incontrando la sua nuova rivale sul palco, star di Hollywood praticamente adolescente (Chloe Moretz ), a suo agio con gli scandali e caratterizzata da una certa strafottenza impunita.
Ad essere messo in discussione è però soprattutto il rapporto diMaria con la sua pure giovane assistente personale (Kristen Stewart ), che aiutandola nelle prove finisce per diventare oggetto delle ossessioni e delle paure più o meno confessate dell’interprete. Incentrato soprattutto sul livello psicologico e sulla razionalizzazione dell’interiorità dei personaggi, che emerge solo nel gioco di ruoli richiesto dalla preparazione dello spettacolo teatrale,Sils Maria ha come sicuro vantaggio quello di non cedere mai al melodrammatico. Nessun odio viscerale, nessuno sguardo carico di sfida o di disprezzo: tutto resta nell’alveo di un percorso personale compiuto dal Maria, senza grandi scossoni nella trama né nello stile di recitazione degli attori. C’è invece una progressiva metamorfosi che porta effettivamente il personaggio della Binoche a somigliare sempre di più al proprio alter ego teatrale, ma tutto in un quieto percorso interiore, svolto per altro nell’amenità delle Alpi svizzere. Unico momento e intuizione davvero interessante nel film è l’improvvisa scomparsa di uno dei personaggi, che ricorda da vicino L’avventura di Antonioni, senza tuttavia riuscire a eguagliare il coraggio di quell’opera e di quell’autore. L’alto tasso dialogico di Sils Maria lo rende molto, forse troppo, asettico e cerebrale, tanto da lasciare quasi inutilizzato anche il meraviglioso scenario naturalistico scelto da Assayas. Il film infatti si svolge per tutta la parte centrale nella zona montuosa della Maloja (Maloggia in italiano), caratterizzata dal passaggio di nubi che si accumulano nella valle per poi snodarsi tra le cime montuose a mo’ di serpente. Un fenomeno usato, nemmeno troppo implicitamente, come metafora del lento insinuarsi delle nebbie del passato nel presente della protagonista, ma anche in questo caso relegato nel sottofondo di scene monopolizzate dalle battute teatrali. Sils Maria si presenta perciò come un film elegante ma privo di grandi intuizioni, sostenuto soprattutto dall’ottima prova di una Juliette Binoche che a questo punto potrebbe essere la nuova favorita per il premio alla migliore interpretazione femminile. Forse mai in così in forma anche Kristen Stewart , che stavolta non ha nulla da farsi rimproverare e, anzi, grazie a un paio di battute nel film si prende anche una personale rivincita rispetto a chi non ritiene degni di attenzione i giovani interpreti scoperti dai franchise hollywoodiani.
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